Inaugurato il 2 Giugno a Muggiò il  nuovo Giardino della Gioia e della Gentilezza, un ampio parco dove sono riproposti alcuni giochi tradizionali del passato scolpiti in pietra da “Animum Ludendo Coles” con lo scopo di conservarne il valore della memoria e di recuperarne i segni educativi: il movimento, la comunicazione, la fantasia, l’avventura, la costruzione, la socializzazione. Giochi a terra che appartengono ad una storia antica che volge lo sguardo al futuro.  Giochi che rappresentano una testimonianza duratura e significativa del mondo infantile di un tempo e offrono ai ragazzi di oggi la possibilità di stabilire relazioni tra generazioni, creare luoghi di convivenza fra persone di culture ed età diverse fra loro, affermare il ruolo educativo del gioco libero e dello stare insieme.

La progettista arch. Sabrina Freda, ha voluto realizzare uno spazio fluido nel quale ogni elemento può essere riconosciuto nella sua funzione ma nel contempo può essere fruito in modo personale e creativo. I giochi a terra del passato possono essere reinterpretati con nuove sfide, le sedute diventano labirinti intorno alle quali compiere innumerevoli percorsi e gli stessi sentieri che uniscono gli spazi, come un magico fil rouge, possono essere le tracce per originali competizioni.

Nel secolo scorso il  territorio di Muggiò era legato quasi esclusivamente all’agricoltura e la vita si svolgeva nelle corti dove ogni momento della giornata era condiviso. L’aia, lo spazio tra le abitazioni usato per le lavorazioni agricole, era il luogo della socializzazione e del gioco dei bambini che da soli si costruivano i loro giocattoli con i materiali a disposizione, sviluppando creatività e fantasia. Con un appuntamento dato verbalmente di volta in volta, i ragazzi si incontravano nei cortili, all’oratorio e, poiché in quel tempo le vie dei paesi erano libere dal traffico, anche nelle strade e nei tanti spazi che la natura concedeva, tutte opportunità per fare parte di un gruppo e di mettersi alla prova per superare le difficoltà di una sfida o di una partita.

Molti giochi erano tracciati a terra con un gessetto o incisi con un legnetto nella terra: la campana o mondo, la morra, la pista per le biglie, giochi di gruppo da fare con i coetanei con le regole tramandate dai genitori o dai nonni. Le regole utilizzate, talvolta venivano cambiate, per rendere il gioco più vario e divertente ma tutti i giochi avevano un fondo comune di tradizione, in quanto l’uno lo imparava dall’altro e, spostandosi, lo modificava e adattava al nuovo ambiente.

Recuperare e tramandare i giochi della tradizione popolare rappresenta pertanto la riscoperta della propria storia, delle proprie origini e del senso di appartenenza, è un patrimonio immateriale da custodire nella memoria e da condividere riproponendolo. Il gioco, oggi come allora, stimola l’inventiva, la curiosità, la manualità, l’ingegno: con il gioco il bambino si mette alla prova e si avvicina alla società degli adulti.

“Animum Ludendo Coles” ovvero “Giocando si coltiva l’animo” perché il gioco è confronto, divertimento, rispetto delle regole e dell’altro.